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Fabio Viero | Ambassador #BuildingLife
11 Giugno 2025

Le interviste di GBC Italia agli ambassador del progetto #BuildingLife

Metodologie condivise e dati certificati, per facilitare la strada alla decarbonizzazione europea_FABIO VIERO, Direttore Tecnico Manens S.p.A.

 

In Italia si presta ancora poca attenzione alle emissioni di gas climalteranti nell’arco del ciclo di vita degli edifici; quali sono le ragioni?
Le ragioni risiedono nell’assenza di una metodologia univoca rispetto alle diverse opzioni disponibili che si stanno sperimentando in modo diverso nelle varie nazioni europee, nonché alla mancanza di un database nazionale riconosciuto per gli indici di Kg/CO₂eq di riferimento per ogni materiale da costruzione. Il campo di applicazione e l’arco temporale sono da definire in modo univoco, per evitare di ottenere esiti delle valutazioni profondamente diversi. Per esempio, è possibile includere o escludere gli impianti dal campo di applicazione e utilizzare una durata diversa di riferimento del ciclo di vita dell’edificio ai fini del calcolo, per es 50 o 60 anni.

Ora con l’applicazione della Direttiva EPBD IV avere una metodologia comune europea sarà una obbligatorietà; altrimenti temo accadrà come per la certificazione energetica, ancora oggi con risultati non comparabili tra i differenti Paesi dell’Unione europea. Gli operatori del Real Estate necessitano di una metodologia univoca con un indicatore semplice di carbon footprint (KgCO₂eq/m²) per tutti i loro immobili in Europa.

 

Manens ha sviluppato una strategia verso il 2050? Includendo una traiettoria di decarbonizzazione degli edifici e considerando le emissioni nell’intero ciclo di vita?
Manens è una società di progettazione che ha ottenuto una prima certificazione ESG e abbiamo implementato un piano di totale decarbonizzazione in termini energetici delle nostre sedi principali, di Padova e Verona. Abbiamo installato pompe di calore elettriche e abbiamo stipulato un contratto di fornitura di energia rinnovabile al 100% che copre il nostro intero fabbisogno. 

Il nostro impatto però è sicuramente preponderante nei progetti che sviluppiamo rispetto all’impatto degli  edifici che occupiamo. Sui tavoli dei clienti portiamo da molti anni il tema della progettazione bioclimatica, dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili e del benessere degli abitanti degli immobili ai quali lavoriamo. L’analisi dei progetti segue un approccio olistico includendo l’impatto ambientale e sociale assieme ad una contestuale valutazione dei costi nelle fasi di costruzione e gestione degli immobili utilizzando le metriche internazionali per guidare tutte le opere verso l’ottenimento delle migliori prestazioni. Negli ultimi dieci anni stiamo cercando di spostare l’asticella oltre la sostenibilità e verso il “regenerative design” – il cui approccio prevedere che sistemi umani e naturali siano progettati per coesistere in armonia e coevolvere nel tempo generando un effetto reciprocamente positivo. I mercati scandinavi guidati dai fondi pensione sono sotto questo punto di vista all’avanguardia con committenti che richiedono soluzioni sempre più innovative in questo senso. Il rischio per gli operatori del Real Estate è il grado di obsolescenza degli edifici sul mercato che a fronte di esigenze degli utenti e di normative sempre più stringenti si riduce progressivamente l’arco temporale di tenuta del valore degli immobili. 

 

Possiamo citare un Best Case al quale avete lavorato di recente?
IL progetto di Welcome a Milano, un edificio per uffici progettato da Kengo Kuma & Associates nell’area che ospitava l’ex casa editrice Rizzoli a Crescenzago.  Il progetto è stato sviluppato con criteri di assoluta eccellenza. Un edificio che aveva come obiettivo di qualificarsi come il primo edificio biofilico di grandi dimensioni in Italia ed al contempo perseguire la certificazione ai più alti livelli dei protocolli LEED, WELL, WiredScore e minimizzazione della valutazione dell’impronta di carbonio (LCA). E’ stato adottato un processo olistico ed integrativo alla progettazione valutando le prestazioni energetiche e di benessere ambientale (daylighting, termico e acustico) sin dalle prime fasi e adottando di conseguenza soluzioni informate ed evolute: struttura in legno, terrazze verdi abitabili, serre per agricoltura urbana, serre per la filtrazione naturale dell’aria interna abbinate a filtrazioni a carboni attivi, protezioni dinamiche delle facciate vetrate. Purtroppo l’aumento dei costi di costruzione in questi anni e la difficile situazione di mercato dovuta ad una posizione dell’immobile non in una “prime location” non ne hanno ad oggi ancora consentito la costruzione. 

 

In quale modo Manens contribuisce ad accelerare il processo di decarbonizzazione dell’ambiente costruito in Italia?

Abbiamo sempre cercato di individuare metodi e strumenti all’avanguardia per dare concretezza ai principi della decarbonizzazione fornendoli ai clienti per avvantaggiarsi delle proposte innovative che utilizziamo. Siamo fortunati a seguire prevalentemente grandi opere e questo ci  rende ancora più responsabili della possibilità di sperimentare nuove strade. La decarbonizzazione – sia per le emissioni in esercizio che per l’embodied carbon – deve essere affiancata da una visione ampia e complessiva di tutti gli obiettivi del progetto senza mai dimenticare la funzionalità dell’edificio ed il benessere dei futuri abitanti dell’edificio e del contesto in cui si inserisce. I costi sono un elemento dirimente del mantenimento di questo equilibrio. 

 

Ritiene utile penalizzare gli edifici ad elevate emissioni? Quali misure pensi efficaci?
Credo che quando si introduce un principio o un sistema innovativo questi debbano essere incentivati per essere scelti in modo volontario dai primi clienti che li adotteranno, perché gli ‘early adopters’ sono più disponibili ad accettare costi un po’ più alti per dimostrare leadership sul mercato. Dopo la fase dell’incentivazione il mercato può svilupparsi sino a fare diventare il prodotto o il servizio una commodity. Sono quindi favorevole ad un sistema di incentivazione e solo in un secondo tempo può trasformarsi in regolamentazione obbligatoria. Per decarbonizzare possiamo partire da soluzioni facilmente attuabili e che fanno riferimento alle modalità di gestione degli edifici. Puntare su una campagna di commissioning o re-comissioning, porterebbe con sforzi e costi ridotti alla riduzione del 20-30% dei consumi energetici. Inoltre, l’obbligatorietà di rendicontazione dei consumi energetici e delle emissioni in esercizio è indispensabile poiché fa emergere “il problema”; non penalizzo l’investitore ma lo rendo consapevole di cosa è possibile fare con un piano di decarbonizzazione nel tempo e rendo trasparente al mercato la prestazione di quell’immobile. I fondi di investimento, il cui benchmark è il valore immobiliare, sono più sensibili alle azioni migliorative di efficientamento e decarbonizzazione perché ormai impattano sul valore dell’immobile e non solo sulle spese dei tenant I privati vanno accompagnati per comprendere temi ancora troppo specialistici – immagino, ad esempio, la lettura delle bollette –, garantendo dati trasparenti e attendibili.

 

Ritiene fattibile attuare un approccio circolare al settore dell’edilizia in Italia? Quali sono le principali barriere all’implementazione?
Penso che le barriere siano ancora molte, dapprima culturali e poi di sistema industriale. Se per approccio circolare consideriamo il riciclo dei materiali di scarto per altri usi spesso meno pregiati (downcycling), siamo tra i Paese più virtuosi in Europa. Se invece intendiamo il riuso credo che siamo ancora lontani, va creata la cultura della progettazione degli edifici adeguati allo smantellamento (Design for Disassembly) e la filiera che renda disponibile i materiali recuperati. Dobbiamo lavorare al passaporto digitale dell’edificio, che mappi il patrimonio materiale di ogni opera, i cui componenti e materiali possono innanzitutto essere identificati nella loro condizione per poi avere la possibilità di essere smantellati ed eventualmente riutilizzati.  Dovremo diffondere l’utilizzo dei sistemi di riconoscimento di tag digitali dei prodotti fisici; l’inventario digitale e la possibilità di interrogare il componente e la sua prestazione lungo la vita utile dell’immobile, mantenendo aggiornato il modello digitale con le informazioni che evolvono, è la strada.